Maurizio Cucchi
Maurizio Maggiani
Raffaella Silipo
James Matthew Barrie
Linda Laura Sabbadini
Aurora Macchia
Eraldo Affinati
Nadia Ferrigo
Federico Taddia
Senza fratelli né sorelle ma ipertecnologici
La vita quotidiana dei bambini e delle bambine conosce trasformazioni sempre più rapide e intense. I cambiamenti derivano dalle scelte degli adulti, ma sono anche frutto dalla soggettività dei bambini stessi e dalla loro maggiore capacità di entrare in sintonia con il mondo tecnologico. Quando i genitori scelgono o sono costretti ad avere un solo figlio, questi vivrà - condizione piuttosto rara fino alcuni decenni fa - senza fratelli e sorelle, in una condizione di maggiore “centralità “ in una famiglia sempre più “verticale”.
Se il numero di figli si riduce, infatti, e a prescindere dall’aumento dei figli unici, i bambini si trovano a crescere in un mondo con sempre meno pari in famiglia, nella rete di parentela ed anche a scuola, in classi sempre meno numerose. Se poi la speranza di vita continua a crescere, il numero di persone adulte o anziane con cui i più giovani si possono relazionare tende ad aumentare, con genitori, zii, nonni e bisnonni in età sempre più avanzata.
Bambini, dunque, sempre meno numerosi e in contesti sempre più rarefatti, in un mondo con più adulti e anziani e con meno pari. I numeri lo confermano: considerando i bambini tra 6 e 13 anni , poco più di uno su cinque è figlio unico, il 54.5% ha un fratello, il 24.3% ha più di un fratello e molto pochi hanno cugini. Ma non in tutta Italia la situazione è la stessa. Il mondo delle famiglie con bambini è molto diverso al Nord rispetto al Sud. Nelle regione settentrionali il modello del figlio unico è più consolidato e i bambini senza fratelli e sorelle sono ormai un quarto del totale, più di quelli che ne hanno due o più (21%). Inversa la situazione nelle regioni meridionali: qui i bambini con due o più fratelli sono il 28.7% e i figli unici sono molti di meno (16.2%) anche se in crescita.
E le differenze non finiscono qui. Il mondo dei bambini del Centro Nord e del Sud sono molto diversi anche dal punto di vista dell’attività lavorativa e del livello di istruzione della madre, aspetti che agiscono in misura determinante sulle opportunità di crescita culturale e di socializzazione. Ebbene , il 52% dei bambini ha la madre che lavora, ma se al Nord tale quota sale al 64,5%, nel Sud le madri lavoratrici sono appena il 33%. Inoltre, al Sud l’istruzione della mamma è bassa nel 42.8% dei casi, contro il 28% del Centro Nord. Come dicevo, è anche la nuova e multiforme soggettività dei più giovani a trasformare profondamente le loro vite. In effetti, l’immagine del bambino e dell’adolescente solitario non risponde esattamente alla realtà, neanche se si tratta di un figlio unico. Bambini e ragazzi sono sempre più attivi e sempre più in rete, con un crescente numero di relazioni, nuove modalità di comunicazione , sia virtuali sia tradizionali. Fruiscono di più di spettacoli culturali, vanno al cinema, a teatro e ai musei più di prima, leggono e usano molto internet. Il mondo dei bambini è molto più eterogeneo che in passato, con livelli già alti di personalizzazione dei consumi e una straordinaria combinazione di gusti, tempi e modalità di fruizione. Ciò riguarda la maggior parte dei più piccoli e soprattutto dei figli unici anche perché i genitori si danno strategie per compensare l’assenza di pari in famiglia, puntando ad offrire maggiori opportunità di socializzazione non solo a scuola ma anche nel tempo libero.
Le opportunità crescono se la madre lavora e se ha un titolo di studio più alto. Per questo chi vive a Sud è decisamente più svantaggiato, richiamando la nostra attenzione su un problema molto serio, quello delle disuguaglianze territoriali. Un problema assai delicato e ben più grave quando interessa i bambini piuttosto che gli adulti. Alla luce dei dati sulla povertà, la grande dinamicità che osserviamo nella quotidianità dell’infanzia e dell’adolescenza – frutto, e al contempo volano, di crescita e nuove opportunità - per alcuni settori della società si ridimensiona. Nascere in una famiglia povera e permanere a lungo in questo stato aumenta la probabilità di essere poveri per tutta la vita. Essere povero per un bambino significa non poter sfruttare le opportunità formative, culturali e di relazioni sociali che si presentano agli altri bambini, ed è difficile recuperare da grandi quanto si è perduto da piccoli.
La povertà nel nostro Paese è fortemente caratterizzata dalla presenza di minori: in totale 1milione 200 mila poveri assoluti. Figli di famiglie numerose, figli di madri sole, figli di immigrati, tantissimi figli del Sud, che avrebbero il diritto di vivere infanzia e adolescenza con le stesse opportunità dei loro coetanei. Sviluppo del Sud e investimenti per il lavoro femminile sono gli elementi fondamentali per sradicare la povertà dei bambini e garantire il futuro che spetta loro.
È questo il punto di vista da cui devono partire le politiche, dalla vita concreta, vera, psicologica e sociale delle persone, di tutti i cittadini, per prospettare soluzioni che affrontino i problemi nel lungo periodo, guardando oltre la contingenza. Altrimenti le disuguaglianze tra bambini aumenteranno e la forza creativa e la nuova soggettività che esprimono sarà appannaggio solo dei più fortunati.
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