Sara Stefanini
Filippo di Robilant
Paolo Mastrolilli
Maurizio Cucchi
Maurizio Maggiani
MATTIA FELTRI
Francesco Grignetti
Francesca Paci
Federico Taddia
Francesca Sforza
Bambini
Le righe più interessanti della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sono forse le prime, che compongono il preambolo, e cioè l’impegno e di più, l’imperativo dei governi di garantire i diritti. Dopo la Seconda guerra mondiale il dovere delle democrazie liberali (e anche di quelle un po’ meno liberali) era di promuovere i diritti di modo che nessuno fosse attratto dalla ribellione o a essa costretto per prendersi quanto gli spetta.
Sembrava la messa in prosa della vecchia e disattesa teoria sociale e filosofica sulla simmetria fra diritti e doveri, per cui compiere il proprio dovere equivale a corrispondere un diritto: senza l’uno non c’è l’altro. E non vale soltanto per i governi a vantaggio dei cittadini (è dovere dei governi garantire ai cittadini il diritto allo studio, alla salute eccetera), ma anche per i cittadini a vantaggio dei governi (è dovere dei cittadini pagare le tasse di modo che i governi abbiano di che soddisfare il diritto allo studio, alla salute eccetera), e soprattutto per i cittadini a vantaggio degli altri cittadini (il dovere di un medico o di un insegnante di arrivare puntuale in ospedale o a scuola equivale al diritto del malato di essere curato e dello studente di essere istruito, dopo di che è dovere del malato curarsi e dello studente istruirsi, e avanti così all’infinito). Senza comprendere questo passo i diritti non saranno mai pieni, e resterà dei diritti resterà un’inesausta e petulante richiesta. Ed è precisamente la condizione dei bambini, che ritengono di avere diritto a tutto e di non essere obbligati a niente, e non sono nemmeno nel torto, finchè restano bambini.
[Numero: 152]