[Sommario - Numero 119]
Libertador
Matteo Franco - Illustratore e designer editoriale, nato a Roma nel 1988. Ama la montagna e le moto ed è convinto di saper meglio cucinare che disegnare.
La “reina” ripiena
Maurizio Maggiani
Piccola Venezia
Maurizio Cucchi
venezuela si salva chi può

Sud America, domino elezioni

Sei elezioni presidenziali in otto mesi, due terzi della popolazione dell’America Latina alle urne. Il 2018 può ridisegnare la mappa politica del subcontinente. Gli appuntamenti chiave: Messico e Brasile, i due giganti economici. Ma saranno fondamentali anche i voti in Colombia e Venezuela. Potrebbero innescare una virata a sinistra dopo i recenti successi dei conservatori.

La Colombia, a inizio marzo, ha votato nelle prime elezioni dopo gli accordi di pace con le Farc. Gli ex guerriglieri – ora partito, con lo stesso acronimo: Forza rivoluzionaria alternativa del comune – hanno preso poco più dello 0,5% nelle amministrative. A maggio si replica con le presidenziali. Le Farc si sono ritirate dopo l’infarto che ha colpito il leader Rordrigo Londoño. In testa ai sondaggi c’è il candidato di sinistra Gustavo Petro, un passato da guerrigliero ed ex sindaco di Bogotà. I suoi rivali sventolano lo spettro del «castro-chavismo»: «Se vince, finiremo come il Venezuela», avvertono.

Nel Paese confinante, sull’orlo dell’abisso, sembra scontata la rielezione di Nicolas Maduro. L’opposizione venezuelana boicotterà il voto del 20 maggio: «Una farsa elettorale», ripetono. In campo ci sarà un solo rivale: Henri Falcon, ex chavista, accusato da più parti di essere troppo morbido con Maduro.

In Messico la terza volta potrebbe essere quella buona per Andrés Manuel López Obrador, sconfitto nel 2006 (dello 0,5%) e nel 2012. Ha fondato il partito Morena (Movimento di rigenerazione nazionale) che guida le intenzioni di voto grazie anche alle denunce di corruzione di Pri e Pan, i partiti che si spartiscono il potere dal 1934. Si vota il primo luglio.

Le presidenziali in Brasile (a ottobre) sono il voto più incerto. Le speranze dell’ex presidente Lula sono appese alla decisione dei giudici che decideranno se sarà eleggibile dopo la condanna a 12 anni per corruzione. Se si presenta, vince a mani basse. Il rivale è Jair Bolsonaro, ex militare ultraconservatore e xenofobo.

Ad aprile, infine, a Cuba si chiude un’era. Dopo 59 anni, per la prima volta dal trionfo della Revolución, il presidente non sarà un Castro. Raul, 86 anni, lascia il potere. In pole per la successione c’è Miguel Diaz Canel, il suo vice.


[Numero: 119]