Maurizio Cucchi
Massimiliano Panarari
Maurizio Maggiani
Mattia Feltri
Alexandre Dumas
I finanziamenti si vincono con l’opinione pubblica: è così che gli scienziati sono diventati populisti
Anche gli scienziati vivono nel mondo, dentro il quale evolvono secondo la spietata legge darwiniana del «survival of the fittest». Galileo o Giordano Bruno, per esempio, dovettero fare i conti (con alterne vicende) con la Chiesa dell’epoca. Ma, oggi, chi è il più bravo, il più adattabile, quello che sopravvive e che diventa famoso? Sempre di più, sopravvive e vince chi è capace di gestire il rapporto con l’opinione pubblica, a tutti i livelli.
Da un lato, la scienza, soprattutto quella fondamentale, si fa con soldi pubblici, quelli di tutti. E si fa a beneficio di tutti, sia per diventare meno ignoranti, sia per un tangibile miglioramento della qualità della vita. È quindi giusto che al pubblico venga detto, in modo comprensibile o magari divertente, come i soldi per la scienza vengono spesi. La conseguenza, però, è che gli scienziati sono spesso messi sotto esame dal pubblico stesso, in forme varie.
Ci sono i meteorologi che vengono rimproverati, talvolta denunciati, da associazioni di albergatori se, con tutti i loro supercomputer, prevedono tempo brutto, nessuno parte per il week-end e poi invece splende il sole. O, viceversa, se non prevedono eventi meteo disastrosi, il pubblico, sempre assetato di sangue al bar o in treno, si scaglia contro gli scienziati, rei solo di non capire più una atmosfera impazzita.
Ancora peggio, ed è cronaca di questi giorni, ci sono geofisici che, in perfetta buona fede, sbagliano a prevedere quella cosa imprevedibile che sono i terremoti e poi vengono processati per compiacere il grido di “crucifige!”, così caro al pubblico italiano. (Sì, italiano: il processo de L’Aquila è stato una anomalia tutta nostra, osservato con incomprensione e sbigottimento dal mondo scientifico mondiale).
Lo scienziato italiano moderno ha imparato non solo a stare sotto esame, e questo va bene, ma, peggio, talvolta diventa populista: per sopravvivere l’astronomo cerca il confronto alla pari con l’astrologo nei programmi tipo “Kazzenger”, o in quelli dove farmacologia ed omeopatia vengono messe, insopportabilmente, sullo stesso piano.
Personalmente, gli esami mi piacciono, da tutti, dentro e fuori la torre d’avorio. Ho sempre apprezzato che gli studenti diano il voto ai professori alla fine del corso (cosa che sarebbe stata inconcepibile per i miei super-baronali “maestri”) e, simmetricamente, molto apprezzerei essere esaminato da ministri, o giù di lì. Ma, per favore, tutti insieme, non accettiamo, anzi denunciamo il populismo che ci spinge ad una evoluzione deteriore.
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